Un Natale ecumenico

Nell’imminenza delle feste natalizie, mi viene da pensare al recente viaggio di Papa Francesco in Svezia, per portare il saluto dei cattolici alle celebrazioni dei 500 anni dalla nascita della Chiesa Luterana, antesignana del movimento protestante e dei vari scismi che da allora si sono diffusi in tutto il mondo cristiamo, comprendendo poi le varie Chiese Ortodosse, gli anglicani, i copti e altre denominazioni minori, innescando guerre di religione, condanne e scomuniche reciproche, durate secoli e non sopite, se non nei tempi recenti dopo le timide aperture del Concilio Vaticano II, di Giovanno XXIII e delle risoluzioni del Consiglio Mondiale delle Chiese separate.
L’iniziativa di Francesco può considerarsi rivoluzionaria perché si tratta di una prima volta, inconcepibile fino a poco tempo fa e forse pensata ma mai realizzata dagli altri papi degli ultimi due secoli. Infatti sono emersi e stanno emergendo dissensi da parte di alcune frange conservatrici o tradizionaliste nella chiesa, rappresentate anche a livello cardinalizio e di curia, come ad esempio quella recente del cardinale tedesco Müller.
L’atteggiamento aperturistico di Francesco nei confronti degli altri cristiani, ma non solo, anche verso le altre religioni monoteistiche e le altre fedi in generale è noto, ma non sempre è approvato e condiviso dalle gerarchie ecclesiastiche e dal clero, spesso arroccato nella difesa dogmatica e intransigente della chiesa monolitica e tradizionale.
Francesco, con vera carità cristiana, non disdegna neppure il dialogo paritartio con gli agnostici e con chi si professa ateo, ne comprende le ragioni, non li condanna.
In particolare, nonostante le opposizioni più o meno palesi all’interno della Chiesa Cattolica e, non meno, delle altre organizzazioni cristiane, il dialogo con i protestanti continua e le divisioni dottrinarie tendono a un lento ma costante superamento, in vista di una futura, anche se prevedibilmente faticosa, ricomposizione, ormai facilitata anche dalle più o meno esplicite aperture riformistiche da parte cattolica nella liturgia e, meno esplicitamente, nella stessa dottrina, e dal superamento delle secolari ostilità nei confronti dei “papisti” da parte dei protestanti, degli anglicani e delle chiese ortodosse autocefale.
Durante i miei soggiorni all’estero, in buona parte in paesi anglosassoni e quindi a maggioranza protestante, ho constatato che la festa del Natale è molto sentita, anche dai laici che non disdegnano, loro stessi, il suo profondo significato religioso, ancora più che da noi. Ricordo le semplici ma profondamente sentite celebrazioni nelle piccole chiese evangeliche e i cori collettivi dei “Christmas carols” nelle piazze delle città e dei paesi.
Purtroppo, negli ultimi decenni, l’aspetto consumistico della festa, con i regali costosi, i ristoranti pieni, le vacanze con mete esotiche, sono andati vicini a prevalere, spesso a danno delle belle serate familiari con il presepio, non l’albero, con la torta fatta in casa o il panettone, le castagne o le noccioline, la messa di mezzanotte, gli auguri fra parenti e amici, quando Babbo Natale era ancora relegato fra le nevi del nord.

Giacomo Morandi (Rivergaro)

 

 


 

 

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