Il sistema estero della
Comit nel dopoguerra: una nuova strategia
Da "Raffele Mattioli – documenti e
fotografie della maturità" – di Francesca Gaida e Francesca Pino
Grande
spazio occupano nelle Carte Mattioli, anche dopo il 1945, le vicende della
rete estera della Banca Commerciale Italiana, già sofferente dagli anni
Trenta per le disposizioni restrittive sui cambi e le politiche autarchiche
del fascismo. Già durante il conflitto, di fronte ai rischi di requisizioni
nazifasciste e all’inclusione nelle liste nere degli Alleati che prevedevano
il blocco di ogni affare con i paesi dell’Asse, si dovette ricorrere ad
escamotages per continuare ad operare. Dopo l’8 settembre 1943 si scelse
l’espediente di trasferimenti, reali o palesi, dei pacchetti azionari delle
partecipate estere e di posizioni in cambi.
Un esempio ormai ‘classico’ è quello della neutralizzazione della Banque
Frammise et Italienne pour l’Amérique du Sud Sudameris, partecipazione della
Comit e della Paribas con sede centrale a Parigi, ma operante nei paesi
sudamericani. A tale scopo il Vaticano aveva assunto a più riprese durante
il periodo bellico una grossa quota azionaria, ma, a guerra finita, non era
facile provare che l’operazione era in realtà avvenuta soltanto sulla carta.
La corrispondenza di Mattioli con il delegato per l'Amministrazione Speciale
della Santa Sede Bernardino Nogara testimonia non solo la vicenda delle
indagini governative con le sue inevitabili difficoltà, lungaggini e
strascichi, ma permette anche di ricostruire a ritroso i meccanismi del
salvataggio degli anni di guerra.
Una volta concluso il conflitto, l’intero contesto internazionale era
mutato. Nonostante il passaggio al fronte alleato, l’Italia veniva nei fatti
considerata e trattata da sconfitta; così i beni - mobili e immobili - di
filiali e affiliate della Comit restavano bloccati nei territori
anglo-statunitensi, mentre nei paesi dell’Europa centro-orientale gli averi
delle banche affiliate erano passati di fatto sotto il controllo degli
occupanti sovietici.
La struttura della intera rete estera risultava quasi totalmente
smantellata: al io maggio 1946 le sole filiali di Istanbul e di Izmir erano
regolarmente operanti. Dal 1941 risultavano infatti chiuse le rappresentanze
di Berlino, Madrid e Belgrado; la filiale di Londra in liquidazione; tra le
affiliate la Banca Ungaro-Italiana (Bankunit), la Banca Commerciale Italiana
e Greca (Comitellas) e la Hrvatska Banka avevano cessato di esistere,
Comitegit, Banca Commerciale Italiana e Romena (Romcomit) e Banca
Commerciale Italiana e Bulgara (Bulcomit), pur staccate dalla casa madre,
erano operanti e il loro destino ancora dubbio, mentre la Banca Commerciale
Italiana (France - Comitfrance) era sotto sequestro francese.
Bisognava quindi adoperarsi a livello ‘diplomatico’ per ottenere lo svincolo
degli averi bloccati e contabilizzare le riparazioni di guerra e le perdite
accertate: attività di cui si trova ampio riflesso nelle Carte, grazie alle
corrispondenze di Mattioli con i direttori centrali, tra cui Carlo Bombieri,
e con quelli locali ancora all’estero, e con il Ministero degli Affari
Esteri.
A queste estenuanti trattative nel Vecchio Mondo si aggiungevano in
parallelo le difficoltà nei paesi sudamericani, per il complicarsi delle
relazioni internazionali e per il riaccendersi dei nazionalismi con i
processi di decolonizzazione. Qui gli averi della Sudameris erano sotto
sequestro e dovevano passare al vaglio delle locali Commissioni per le
Riparazioni di Guerra, procedimenti ugualmente lunghi e dall’esito non
scontato. E le Carte Mattioli ben rendono conto dello stato di incertezza,
protrattosi fino a tutto il 1948, circa le sorti di tali dipendenze locali e
dell’ansia con la quale si seguiva l’evolversi degli eventi, come
testimoniano ad esempio le notizie inviate a Mattioli dal direttore Ettore
Bottoni. Già allora si pensava concretamente a una presenza formalmente più
defilata tramite banche partecipate, a cui sarebbero dovute passare le unità
superstiti."
E una vera e propria riconfigurazione del sistema estero della Comit: così,
ad esempio, mentre le filiali di Londra e New York furono sostituite da
uffici di Rappresentanza, di grande importanza ‘strategica’ per i flussi
commerciali e per i rapporti politico-finanziari, in America Latina le
affiliazioni della Sudameris furono in parte trasformate in società autonome
con significative partecipazioni locali, in modo da aggirare la legislazione
restrittiva della presenza straniera e le opposizioni nazionalistiche. Solo
il Banco Italiano di Lima aveva già mutato la denominazione sociale in Banco
de Crédito del Perù, nel 1942, per celare la partecipazione italiana; il
legame con la casa madre veniva da tempo assicurato da legami personali,
grazie alla presenza ai vertici dell’istituto di uomini formati da Mattioli
e di sua massima fiducia.'
Le Carte mostrano anche come la Banca Commerciale avesse dovuto rinunciare
alla presenza diretta, e con essa alla «passione pioneristica», ma non per
questo venne meno a un ruolo attivo nella gestione delle associate, e al suo
‘impulso riformatore’. Dal 1952 Mattioli aveva sollecitato a varie riprese
la riforma organizzativa del Banco de Crédito del Perù, per garantirne
l’efficienza e la posizione di primo piano nel Paese, allora intaccata dalla
forte concorrenza locale ed estera.103 Così pure si impegnò a fondo nel 1955
nella riforma della Sudameris, giungendo ad una precisa definizione delle
funzioni direttive centrali e dei collegamenti con i territori.
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quellichelacomit.it news - settembre 2016