quellichelacomit.it news (settembre 2016)

 

 

Il sistema estero della Comit nel dopoguerra: una nuova strategia

Da "Raffele Mattioli – documenti e fotografie della maturità" – di Francesca Gaida e Francesca Pino

 

 

Grande spazio occupano nelle Carte Mattioli, anche dopo il 1945, le vicende della rete estera della Banca Commerciale Italiana, già sofferente dagli anni Trenta per le disposizioni restrittive sui cambi e le politiche autarchiche del fascismo. Già durante il conflitto, di fronte ai rischi di requisizioni nazifasciste e all’inclusione nelle liste nere degli Alleati che prevedevano il blocco di ogni affare con i paesi dell’Asse, si dovette ricorrere ad escamotages per continuare ad operare. Dopo l’8 settembre 1943 si scelse l’espediente di trasferimenti, reali o palesi, dei pacchetti azionari delle partecipate estere e di posizioni in cambi.
Un esempio ormai ‘classico’ è quello della neutralizzazione della Banque Frammise et Italienne pour l’Amérique du Sud Sudameris, partecipazione della Comit e della Paribas con sede centrale a Parigi, ma operante nei paesi sudamericani. A tale scopo il Vaticano aveva assunto a più riprese durante il periodo bellico una grossa quota azionaria, ma, a guerra finita, non era facile provare che l’operazione era in realtà avvenuta soltanto sulla carta. La corrispondenza di Mattioli con il delegato per l'Amministrazione Speciale della Santa Sede Bernardino Nogara testimonia non solo la vicenda delle indagini governative con le sue inevitabili difficoltà, lungaggini e strascichi, ma permette anche di ricostruire a ritroso i meccanismi del salvataggio degli anni di guerra.
Una volta concluso il conflitto, l’intero contesto internazionale era mutato. Nonostante il passaggio al fronte alleato, l’Italia veniva nei fatti considerata e trattata da sconfitta; così i beni - mobili e immobili - di filiali e affiliate della Comit restavano bloccati nei territori anglo-statunitensi, mentre nei paesi dell’Europa centro-orientale gli averi delle banche affiliate erano passati di fatto sotto il controllo degli occupanti sovietici.
La struttura della intera rete estera risultava quasi totalmente smantellata: al io maggio 1946 le sole filiali di Istanbul e di Izmir erano regolarmente operanti. Dal 1941 risultavano infatti chiuse le rappresentanze di Berlino, Madrid e Belgrado; la filiale di Londra in liquidazione; tra le affiliate la Banca Ungaro-Italiana (Bankunit), la Banca Commerciale Italiana e Greca (Comitellas) e la Hrvatska Banka avevano cessato di esistere, Comitegit, Banca Commerciale Italiana e Romena (Romcomit) e Banca Commerciale Italiana e Bulgara (Bulcomit), pur staccate dalla casa madre, erano operanti e il loro destino ancora dubbio, mentre la Banca Commerciale Italiana (France - Comitfrance) era sotto sequestro francese.
Bisognava quindi adoperarsi a livello ‘diplomatico’ per ottenere lo svincolo degli averi bloccati e contabilizzare le riparazioni di guerra e le perdite accertate: attività di cui si trova ampio riflesso nelle Carte, grazie alle corrispondenze di Mattioli con i direttori centrali, tra cui Carlo Bombieri, e con quelli locali ancora all’estero, e con il Ministero degli Affari Esteri.
A queste estenuanti trattative nel Vecchio Mondo si aggiungevano in parallelo le difficoltà nei paesi sudamericani, per il complicarsi delle relazioni internazionali e per il riaccendersi dei nazionalismi con i processi di decolonizzazione. Qui gli averi della Sudameris erano sotto sequestro e dovevano passare al vaglio delle locali Commissioni per le Riparazioni di Guerra, procedimenti ugualmente lunghi e dall’esito non scontato. E le Carte Mattioli ben rendono conto dello stato di incertezza, protrattosi fino a tutto il 1948, circa le sorti di tali dipendenze locali e dell’ansia con la quale si seguiva l’evolversi degli eventi, come testimoniano ad esempio le notizie inviate a Mattioli dal direttore Ettore Bottoni. Già allora si pensava concretamente a una presenza formalmente più defilata tramite banche partecipate, a cui sarebbero dovute passare le unità superstiti."
E una vera e propria riconfigurazione del sistema estero della Comit: così, ad esempio, mentre le filiali di Londra e New York furono sostituite da uffici di Rappresentanza, di grande importanza ‘strategica’ per i flussi commerciali e per i rapporti politico-finanziari, in America Latina le affiliazioni della Sudameris furono in parte trasformate in società autonome con significative partecipazioni locali, in modo da aggirare la legislazione restrittiva della presenza straniera e le opposizioni nazionalistiche. Solo il Banco Italiano di Lima aveva già mutato la denominazione sociale in Banco de Crédito del Perù, nel 1942, per celare la partecipazione italiana; il legame con la casa madre veniva da tempo assicurato da legami personali, grazie alla presenza ai vertici dell’istituto di uomini formati da Mattioli e di sua massima fiducia.'
Le Carte mostrano anche come la Banca Commerciale avesse dovuto rinunciare alla presenza diretta, e con essa alla «passione pioneristica», ma non per questo venne meno a un ruolo attivo nella gestione delle associate, e al suo ‘impulso riformatore’. Dal 1952 Mattioli aveva sollecitato a varie riprese la riforma organizzativa del Banco de Crédito del Perù, per garantirne l’efficienza e la posizione di primo piano nel Paese, allora intaccata dalla forte concorrenza locale ed estera.103 Così pure si impegnò a fondo nel 1955 nella riforma della Sudameris, giungendo ad una precisa definizione delle funzioni direttive centrali e dei collegamenti con i territori.
 

 

 

 

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