Tamatave (Madagascar), gennaio 2016 - Tamatave 8o Toamasina) è il porto principale del Madagascar: il traffico delle merci passa per le sue file interminabili di containers allineati sulle banchine.
A pochi chilometri dalla città (ca. 200.000 abitanti stipati in case di legno e di metallo: quelle in mattoni, costosissime, sono destinate agli europei e ai potenti del luogo) potete vedere il vero volto dell'Africa, spogliata e depredata di ogni sua ricchezza dai colonizzatori europei che in passato si sono scontrati militarmente per fare bottino.
Da Tamatave parte infatti un canale (limaccioso in quanto profondo in media 2.5 metri) che congiunge i laghi costieri e arriva alla capitale, Antananarivo, posta a 1275 metri d'altezza. Questa via d'acqua, realizzata dai francesi nei primi anni del secolo scorso con manodopera locale e cinese, rimane tuttora un'importante via di comunicazione per i contadini dell'interno: viene percorsa da zattere di canne di bambù  stipate di merci che partono dalla capitale sfruttando la corrente; arrivati a destino i natanti vengono abbandonati e costituiscono importanti risorse per la popolazione del canale che li utilizza come materiale da costruzione/riparazione per capanne, recinti e similari.
Lungo le rive sorgono i villaggi privi di qualsiasi fonte di energia che non sia quella dell'acqua anche se non mancano alcune moto, unico mezzo di locomozione nei sentieri della foresta: l'arrivo dei visitatori bianchi (i ricchi) è atteso nella speranza che porti un pò di benessere a persone alle quali manca tutto ad eccezione del cibo utile a tenerle in vita.
Non basta: a pochi chilometri da Tamatave sorge una fabbrica per la lavorazione del cobalto, estratto da una miniera a ca. 200 km. L'azienda, a capitale straniero, è attiva dal 2007 ma presenterebbe notevoli carenze nel sistema di stoccaggio dei residui di lavorazione che libererebbero una notevole radioattività (il personale straniero rimane in loco non oltre un anno e poi viene rimpatriato!) le cui conseguenze non hanno ancora inciso sulla popolazione ma è indubbio che lo faranno negli anni a venire.
Entrando nei villaggi si rimane subito colpito dai grandi occhi dei bambini, spauriti e fissi nel nulla, con le loro madri, bambine anch'esse, che li agghindano per far colpo sui visitatori.
Lascio ora le parole alle immagini, che sono il vero volto di questa terra allo stesso tempo tempo benedetta e maledetta da Dio, e che sono sicuro costituiranno un serio motivo di riflessione per chi avrà la pazienza di guardarle in ogni loro sfaccettatura e non solo nell'esteriorità.
Cliccate sulle immagini sottostanti per ingrandirle: se lo preferite potete fare scorrere quelle ingrandite con i tasti freccia del vostro computer.

Alfredo Izeta - febbraio 2016

 

 

 

 

 

 

 

 

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quellichelacomit.it - febbraio 2016